Potentially Interesting Jazz Music – I Hold the Lion’s Paw: la recensione

Potentially Interesting Jazz Music – I Hold the Lion’s Paw

Etichetta discografica: Earshift Music

Data di uscita: 26 settembre 2025

Il ritorno degli I Hold the Lion’s Paw

Gli I Hold the Lion’s Paw, collettivo australiano guidato dal trombettista e produttore Reuben Lewis, tornano con il loro terzo album in studio: Potentially Interesting Jazz Music. Dal 2016, il gruppo ha trasformato il jazz in un laboratorio sonoro, mescolando afro-beat, post-bop, elettronica e improvvisazione radicale. Oggi, stabilizzati come quartetto — con Emily Bennett, Adam Halliwell e Ronny Ferella — spingono ancora più avanti il concetto di “musica come assemblaggio”.


Filosofia e processo creativo

Il disco nasce da una maratona improvvisativa di sette ore, scomposta, manipolata e ricomposta in studio. Sampling, layering, editing. Smontare per ricostruire. Ripetere per trasformare. La performance diventa materia grezza, la post-produzione un atto di stregoneria sonora.

Loop, ripetizione, stratificazione. Loop, ripetizione, stratificazione. È così che Potentially Interesting Jazz Music diventa un’architettura in movimento: groove che emergono, si dissolvono, si ricompongono.


I brani: esplorazioni e metamorfosi

Nove tracce, ognuna una piccola rivoluzione:

  • “Mechanical Ghosts”: tromba e elettronica inquieta, un paesaggio sospeso tra incubo e trance.
  • “Big Bois”: caos psichedelico, voci campionate che diventano percussioni, suono che muta forma.
  • “Leave”: un tocco di Nu-Soul, voce e synth che scivolano su groove ipnotici.
  • “Progressive Opposition”: flauto e batteria intrecciano un dialogo onirico e tagliente.
  • “When the Earth and Sky Conspired”: finale di ispirazione gospel, con l’interpretazione elettrizzante di Michelle Nicolle e un coro che amplifica la dimensione rituale.

Il tutto arricchito dalle parole poetiche di Tariro Mavondo in “Level Check // Voodoo”, che aprono il disco come un incantesimo.


Suono, collaborazioni e produzione

Registrato tra il 2021 e il 2024, prodotto da Reuben Lewis con il gruppo, l’album è rifinito da un mix meticoloso e dal mastering di Helmut Erler. La grafica di Duncographic cattura l’essenza visionaria del progetto: jazz come atto di resistenza, come ribellione al genere.


La critica: voci dal mondo

La stampa non ha esitato a sottolinearne l’impatto. The Wire lo definisce un miscuglio intrigante di afro-beat e rumore elettro-acustico. Paris-Move lo considera “un atto deliberato di resistenza”, un’esperienza da museo d’arte contemporanea. Sydney Morning Herald parla di “un viaggio psichedelico” che sfugge a ogni definizione. E la domanda provocatoria di Words About Music resta sospesa: “È esattamente qui che il jazz doveva finire?”.


Un atto di resistenza

Potentially Interesting Jazz Music è un manifesto. Un invito a rallentare, ad ascoltare più a fondo, a perdersi nel ritmo e nella stratificazione. Non cerca di domare il caos, ma lo trasforma in architettura sonora. La ripetizione diventa groove, il groove diventa trance, la trance diventa linguaggio.

Un disco che non descrive il jazz per quello che è, ma lo mostra per quello che potrebbe essere.

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