Live at Vic’s – Nicole Zuraitis

Live at Vic’s – Nicole Zuraitis

Etichetta discografica:LaReserveRecords

Data di uscita: 8 agosto 2025

Una voce, un pianoforte e un arsenale di idee

Due Grammy in tasca, un club di Las Vegas, tre notti consecutive e un manipolo di musicisti pronti a rischiare. Nicole Zuraitis non si limita a cantare. Dirige, modella, strattona le canzoni fin dove vuole lei. Pianista autodidatta, ex cantante lirica, jazzista per scelta (o per mancanza di alternative sensate), qui si presenta con il suo primo album dal vivo. Un manifesto in due dischi, senza autotune, senza editing, con tanto di improvvisazioni che si dilatano oltre il buonsenso commerciale.

Una setlist che non chiede permesso

Il menù è un mosaico. Standard come ‘Round Midnight e The Nearness of You, incursioni pop (Jolene, Rhiannon, Wichita Lineman), qualche pezzo scritto di suo pugno (All Stars Lead to You, Middle C, The Coffee Song) e una rivisitazione surreale di Debussy in Reverie. Tutto arrangiato da lei. Tutto filtrato da un gusto che non si inchina ai puristi. Le improvvisazioni si allungano, i fiati si infilano dove meno te li aspetti, e il risultato è più simile a una conversazione disordinata che a un concerto di repertorio.

La squadra e la regia

Il nucleo: Idan Morim (chitarra), Dan Pugach (batteria) e Samuel Weber (basso). Gli ospiti: Keyon Harrold alla tromba, Rachel Eckroth all’organo, Tom Scott al sax e Carmen Grillo alla chitarra per Georgia on My Mind. Registrato dal vivo a giugno 2025, prodotto dalla stessa Zuraitis insieme a Tom Scott e con la supervisione dei patron di Vic’s, Sue e Paul Lowden. Suono pulito ma non patinato, mix di Brian Vibberts, grafica asciutta di Marcy Colletti.

Brani sotto la lente

Got My Mojo Working apre con un groove che odora di legno e sudore, Tom Scott e Keyon Harrold si passano la palla come in un alley-oop jazzistico. Middle C è un gioco armonico vestito da canzone d’amore, con testo e melodia che flirtano con gli anni ’40. Sea Line Woman spinge il folk in un vicolo fumoso di New Orleans, mentre Everything Must Change parte con intensità sospesa e finisce in un’esplosione quasi rock: un azzardo che non tutti i critici hanno gradito.

L’opinione degli altri

Marlbank lo definisce un “approccio moderno al songbook”, apprezzando la teatralità vocale e le improvvisazioni corali. Making a Scene! esalta la versatilità e la freschezza, ma segnala qualche eccesso negli arrangiamenti, in particolare su Everything Must Change. In comune: il riconoscimento di un disco vivo, rischioso e per nulla convenzionale.

Conclusione: il jazz che si diverte a disobbedire

“Live at Vic’s” non è un disco per chi vuole il jazz come carta da parati. È un live dove le regole si piegano, il genere si allarga e la voce comanda senza urlare. Un biglietto da visita che dice: o sali a bordo, o resta a terra. Lei, comunque, riparte.

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