
La BOMBA – Luca Curcio
Etichetta discografica: Boomslang Records
Data di uscita: 17 ottobre 2025
La BOMBA, debutto da bandleader del bassista, compositore e producer Luca Curcio per Boomslang Records, è un disco che non si limita a suonare: esplode. Il titolo non è una metafora casuale. Ogni traccia, ogni frammento sonoro nasce da una tensione tra improvvisazione e costruzione, tra il gesto istintivo e la manipolazione elettronica. Qui il ritmo non è un semplice fondamento, ma un organismo vivo che struttura, deforma e rigenera la materia musicale.
Registrato a Copenaghen con un quintetto di eccellenza composto da Francesco Bigoni (sax tenore), Sölvi Kolbeinsson (sax alto), Erik Kimestad (tromba) e Simon Olderskog Albertsen (batteria), La BOMBA si sviluppa in due fasi: l’energia acustica delle sessioni collettive e la successiva ricomposizione elettronica nello studio berlinese di Curcio. Il risultato è un suono in divenire, dove jazz, elettronica e sound design si intrecciano in un dialogo inedito tra organico e artificiale.

Il ritmo come struttura
Alla base di La BOMBA c’è il basso. Non solo come strumento, ma come principio generatore. Curcio costruisce attorno a esso un universo di pattern spezzati, groove poliritmici e microstrutture percussive. Il tempo si dilata e si contrae, generando un senso di movimento continuo che rimanda tanto alla fisicità del jazz più viscerale quanto alla precisione del beat elettronico.
L’approccio è quello di un artigiano del suono: le registrazioni vengono smontate, campionate e riassemblate, secondo un processo di post-produzione creativa che trasforma la performance in materia plasmabile. Curcio stesso definisce questa tecnica come un montaggio cinematografico musicale: registrare, tagliare, sovrapporre e ricomporre, finché il flusso sonoro non riveli la propria forma finale.
Il concetto di campionamento circolare, una delle sue innovazioni più interessanti, ridefinisce la relazione tra esecuzione e produzione: i suoni acustici vengono catturati, trasformati in campioni digitali e poi reinseriti nel tessuto compositivo, generando un ecosistema sonoro dove nulla è definitivamente fissato. La BOMBA non suona mai due volte allo stesso modo.
Il dialogo tra Copenaghen e Berlino
Due città, due anime. A Copenaghen, Curcio trova la dimensione collettiva e fisica della musica. La capitale danese, laboratorio fertile per il jazz contemporaneo, alimenta la componente improvvisativa del disco. Qui il suono si genera dal contatto diretto, dal respiro condiviso tra i musicisti, dalla libertà di un linguaggio che si rinnova costantemente.
A Berlino, invece, la musica si trasforma. Nel suo studio, Curcio rielabora il materiale registrato, lo frantuma in loop, lo filtra, lo sposta nel tempo e nello spazio, creando paesaggi sonori che ricordano le architetture ritmiche del dub, dell’hip hop e della drum’n’bass. In questa fase il jazz incontra la sperimentazione elettronica più audace, in un equilibrio sempre instabile ma perfettamente coerente.
Copenaghen gli offre la vitalità dell’ensemble acustico; Berlino, la libertà di destrutturare e reinventare. Il ponte tra queste due città è il cuore pulsante di La BOMBA, un’opera che respira l’energia di due mondi e li fonde in una visione estetica unitaria.
Improvvisazione, produzione e la nuova forma del jazz
La BOMBA si colloca in un territorio intermedio tra il jazz e la musica elettronica di ricerca, ma non come semplice fusione di generi. Curcio si muove oltre la contaminazione, costruendo un linguaggio personale che ridefinisce il concetto stesso di ensemble. La sua musica non distingue più tra esecuzione e produzione: ogni gesto, ogni intervento tecnico è parte integrante della composizione.
In questo senso, il lavoro di Curcio si inserisce nella linea evolutiva aperta da artisti come Petter Eldh e Makaya McCraven, ma con un’identità ben distinta. Se Eldh ha insegnato l’arte di fondere acustico e digitale mantenendo un groove fisico e irregolare, e McCraven ha aperto la via a un uso narrativo del campionamento, Curcio porta questo paradigma a un livello di astrazione ritmica e spaziale che ricorda la costruzione di una scultura sonora.
Ogni brano di La BOMBA è il risultato di un processo dinamico, dove il suono viene catturato, frammentato e rigenerato. La dimensione performativa è costantemente presente, ma filtrata da un’idea di produzione come gesto interpretativo.
La forma e la tensione
Curcio lavora con una consapevolezza formale che richiama le architetture modali del jazz europeo e la fluidità della scena berlinese contemporanea. La tensione tra impulso e forma è costante: la pulsazione del basso, la frammentazione dei fiati, le cesure ritmiche e i paesaggi elettronici convivono in un equilibrio precario ma vibrante.
L’interplay tra i musicisti è mantenuto anche nella manipolazione digitale, in un dialogo che sopravvive al montaggio e all’editing. Questo aspetto conferisce a La BOMBA una vitalità che va oltre la sperimentazione: il disco resta profondamente umano, radicato nella fisicità dell’atto musicale.
METAFORA sul disco
Ascoltare La BOMBA è come toccare una superficie che cambia consistenza sotto le dita: a volte liscia e ipnotica, altre ruvida e provocatoria, ma sempre affascinante. La sperimentazione non è un ostacolo, ma una porta aperta su mondi sonori che si rivelano, strato dopo strato, incredibilmente appaganti.
Breve Intervista
Come influiscono le scene musicali di Copenaghen e Berlino sul tuo lavoro?
Copenaghen e Berlino hanno influito in modi molto diversi. Copenaghen, e in generale la Danimarca, è diventata la mia seconda casa. Mi sono trasferito lì a 25 anni, e quel periodo è stato incredibilmente formativo, sia umanamente che artisticamente. Dalla scena danese ho imparato l’apertura, la libertà di muovermi tra stili e concetti differenti senza aderire a schemi predefiniti. Durante gli anni al Rytmisk Musikkonservatorium ho iniziato a definire la mia voce personale, libero dai preconcetti e dagli stereotipi che in Italia sentivo più presenti. Lì ho imparato ad apprezzare la profondità, l’essenzialità e l’onestà del gesto musicale — una sorta di anti-barocco che mi ha aiutato a chiarire cosa per me significa comunicare attraverso la musica.
Berlino, invece, mi ha influenzato per la sua scena ibrida e sfaccettata. È una città in cui puoi suonare un concerto jazz una sera, improvvisare completamente la sera dopo, fare un set di musica elettronica e collaborare con musicisti provenienti da culture e linguaggi completamente diversi ogni giorno della settimana. Questa ricchezza di linguaggi, fluidità e apertura mentale mi hanno spinto a riconoscere e abbracciare la mia vera identità musicale: ibrida, senza confini e sempre in dialogo con contesti diversi.

Ci sono tecniche specifiche di post-produzione che utilizzi per manipolare i suoni registrati?
Il primo è una sorta di montaggio cinematografico: durante le sessioni registro moltissimo materiale, diverse versioni della stessa composizione, frammenti, improvvisazioni, senza sempre sapere esattamente come verrà usato in seguito. In studio mi interessa catturare l’energia e la spontaneità, anche se a volte il risultato può sembrare caotico per i musicisti, perché non è ancora chiaro dove sto andando. Solo dopo, in fase di editing, inizio a combinare i frammenti, anche provenienti da brani diversi, tagliandoli, sovrapponendoli e ricomponendoli come un regista che costruisce una narrazione al montaggio.
Il secondo approccio è quello che chiamo campionamento circolare. Tratto le registrazioni come una grande libreria di campioni: prendo frammenti della mia stessa musica, improvvisazioni, registrazioni live, take di studio e li rielaboro drasticamente con sampler o in Ableton Live, fino a trasformarli in qualcosa di nuovo. Poi reinserisco quei materiali all’interno delle nuove composizioni. In questo modo nasce un ecosistema sonoro in cui suoni acustici, campionati e digitali si mescolano in un flusso continuo.
Ci sono artisti o album dai quali hai preso ispirazione?
Sicuramente il primus motor, la persona che mi ha influenzato più direttamente, è Petter Eldh, bassista e produttore svedese che vive a Berlino. Mi ha profondamente influenzato nel modo di muovermi tra acustico e digitale, mescolando improvvisazione, tecniche di produzione ispirate all’hip hop e un’idea di ritmo molto personale. Tra gli altri riferimenti, Makaya McCraven e il suo Universal Beings, per l’uso di improvvisazioni campionate e trasformate in nuove composizioni.
E, più in generale, le mie prime ispirazioni musicali vengono dal dub, dalla jungle/d’n’b e dall’hip hop: generi che vivono di commistione tra suono acustico e rielaborazione digitale.
Una nuova estetica del suono
Con La BOMBA, Luca Curcio offre un contributo significativo alla definizione del nuovo jazz europeo. Il suo lavoro dimostra come la tradizione possa sopravvivere e rigenerarsi nell’era digitale, trovando nuovi spazi di libertà e invenzione. Tra groove spezzati, bassi tellurici e geometrie elettroniche, Curcio firma un disco che non solo esplode, ma lascia un’eco profondo.

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