Un intervista per conoscere Filippo Cosentino

Un intervista per conoscere Filippo Cosentino, chitarrista jazz, era un pallino che avevamo da un pò di tempo. Una casualità, poi, ci ha permesso, finalmente, di conoscerci e di approfondire la figura e la musica di questo musicista albese. 

Dopo un primo colloquio conoscitivo abbiamo steso, di comune accordo, un intervista che leggete subito di seguito. Un intervista che ci aiuta a tracciare il profilo di una persona pronta al dialogo ed estremamente socievole.

La front-cover di Andromeda, ultimo lavoro discografico di Filippo Cosentino.

JIF: Per prima cosa iniziamo da dove sei cresciuto musicalmente. Come ti sei interessato alla musica e chi ha curato la tua crescita musicale?

FC: Mi è stata regalata una chitarra dai miei genitori quando avevo sette anni, e pochi mesi dopo ho iniziato a prendere lezioni: così tutto è iniziato. 

Nel mio percorso musicale sono state fondamentali vari fattori: ascoltare tanta musica popolare dei luoghi natii dei miei genitori – mio padre è siciliano e mia madre calabrese -, il nonno paterno che in casa cantava frammenti delle Arie di Verdi o mi parlava della Cavalleria rusticana di Mascagni. Contemporaneamente imparare la chitarra classica e lasciarmi affascinare dalle melodie argentine, spagnole, italiane. 

Da grande ho scelto di avvicinarmi alla musica moderna (blues, rock, funk), e anche se ascoltavo spesso una cassetta di Louis Armstrong, il jazz è arrivato dopo, intorno ai 26/27 anni. Associavo gli ascolti di Armstrong ai colori del blues, e l’interesse per il jazz è venuto relativamente tardi complice anche il fatto che il tempo a disposizione era limitato dal fatto che studiavo all’università (ho conseguito due lauree, una in organizzazione ed economia dello spettacolo e una specializzazione in filologia della musica), e in ambito musicale per mia fortuna iniziavano ad arrivare le prime collaborazioni importanti. Il mio primo disco jazz è del 2011.

JIF: Cosa ti ha fatto scegliere la chitarra ?

FC: In casa girava una chitarra classica, la usava mio papà per suonare le canzoni di Battisti, De Andrè. Il suono mi ha attratto in modo naturale

JIF: Su che tipi di chitarra ti eserciti e qual è la tua chitarra preferita?

FC: Nel mio quotidiano esercizio e studio alterno classica, acustica ed elettrica, a cui si aggiunge anche lo studio della chitarra baritona 

Ne ho varie preferite: la Joe Pass del 1981 regalo di mia moglie, la Stratocaster 50esimo anniversario, l’acustica Schertler costruita dal liutaio Pagelli e la BT03 baritona Larrivée

JIF: Hai delle persone che ti chiedono di insegnarli a suonare la chitarra. Quanto è importante l’insegnamento che gli offri e quanto i tuoi personali esercizi nell’evoluzione della tua musica?

FC: È importante – ed è una fortuna – incontrare tanti studenti con la voglia di imparare, dai 4/5 anni agli 80. La didattica è un momento di confronto costante; l’occasione per essere bravi insegnanti ci è data dagli studenti, a cui va il merito di essere persone curiose e con il desiderio di imparare. Mi ritengo fortunato ad aver costruito nel tempo una struttura – il Dragonfly Studio – diventato nel tempo centro di riferimento per chi vuole iniziare, approfondire o migliorare le conoscenze in campo musicale nella zona in cui vivo. Inoltre sono in preparazione i primi corsi online, che saranno disponibili dal 2020, per raggiungere studenti ed esaudire le richieste che arrivano da altri luoghi. 

JIF: Ho visto che su Spotify hai creato e condiviso diverse playlist con lo scopo di promuovere la bellezza dello strumento chitarra. Vuoi creare per noi una playlist di cinque brani che, a vario titolo e non solo con la chitarra o il jazz in primis, hanno segnato la tua vita artistica e personale?

FC: Jimi Hendrix – Castle made of sand

Wes Montgomery – Four in six

De Lucia/McLaughlin/Di Meola – Mediterranean Sundance 

Ralph Towner – If

Joe Pass – Guitar Virtuoso (tutto l’album)

JIF: Il tuo ultimo disco è “Andromeda”. Un lavoro differente dagli altri ma anche con dei trait-d’union. Vuoi parlarci di esso? 

FC: In questo disco mi sono concentrato sulla composizione e sull’interazione delle parti che compongono i brani, sviluppando temi e armonizzandone le transizioni. In generale ho pensato a un disco sonorità latine, melodico e con qualche richiamo alla tradizione. 

JIF: Chi c’è con te in “Andromeda” è quanto ha collaborato nella composizione o nell’apporto tecnico definitivo dei brani?

FC: Le composizioni sono mie, scritte come le ascoltate nel disco. La tradizione di riferimento è quella jazz, in cui sta ai compositori creare spazi dove sono l’improvvisazione, il momento, l’interplay a fare la differenza. Per me la bontà di un lavoro sta in un corretto bilanciamento di queste componenti, senza dimenticare che la tradizione europea è legata alla musica classica e popolare, caratteristica questa che ben si amalgama con la tradizione jazz. 

Ekkehard Wölk, Johannes Fink e Andrea Marcelli sono stati molto bravi ad intendere il materiale che gli ho proposto per il disco; in studio si è creato un bel clima, condizione fondamentale per la buona riuscita delle registrazioni. Un ringraziamento a Nau Music Company per aver creduto in questo progetto che ci sta dando varie soddisfazioni e speriamo che altre ne arrivino. 

JIF: Come stai promuovendo il disco e quali altri progetti hai ora in corso?

FC:  La prima parte dell’Andromeda tour si è conclusa a novembre: in pochi mesi ha ottenuto otto sold out su tredici concerti. 

Il 2019 inizia con un nuovo tour in Germania, poi Italia, America e nuovamente Italia per un lungo tour estivo, infine Cina e già ci sono eventi in calendario per il 2020. Sul sito www.filippocosentino.com si trovano tutte le date in aggiornamento .

JIF: Durante i tuoi concerti dal vivo qual è il tuo rapporto con il pubblico? Preferisci suonare quello che tu ritieni giusto, quello che ti richiedono o “improvvisare” al momento per creare un feeling?

FC: Non credo ci sia una scaletta giusta o almeno non ho la presunzione di pensarlo. Con umiltà e allo stesso tempo con la sicurezza della propria storia, si propone il proprio materiale originale cercando di capire preventivamente che tipo di concerto si sta andando a fare. La frase “sto preparando un concerto” è realmente lo studio della scaletta per quel determinato luogo; i concerti non sono mai uguali fra loro. Il pubblico che mi segue lo percepisce e i commenti e messaggi di gradimento che ricevo mi rendono estremamente felice: mi piace moltissimo parlare con il pubblico durante e dopo il concerto e ascoltare cosa la mia musica comunica. Il massimo è quando incontro famiglie con bambini o ragazzini entusiasti di esser venuti al concerto, una bella emozione! 

JIF: Credi che i giovani si interessino al jazz? Come possiamo incentivarli all’ascolto?

FC: Mi sento di dire che serve più in generale educare al bello, all’ascolto attento e partecipato; dopodiché si può ascoltare jazz, blues, rock, Bach o  Verdi: l’importante è tornare ad avere un senso critico esteso. Infine credo che la musica sia fatta per dilettare, e quindi in senso stretto al jazz può giovare magari essere meno autoreferenziali nella scrittura. La musica storicamente è stata fatta per le persone che la ascoltano, credo sia questa la chiave di lettura generale.

JIF: Ognuno dei brani che hai composto nella tua storia discografica è certamente speciale. Uno su tutti a cui sei particolarmente legato e la sua storia?

FC: Ne ho tre: Spring mood contenuto nel mio primo disco LanesL’astronauta che è la title track dell’omonimo disco e Andromeda e Perseo contenuto nel disco Andromeda(NauRecords). In questi tre pezzi ci sono tutta la mia storia recente, i miei sentimenti, la mia vita attuale. Chi viene a concerti lo percepisce e ne diventa partecipe, perché in fondo è la storia di tutti noi: l’innamoramento, la nascita di un figlio, il legame fortissimo e intimo con la persona amata

JIF: Un aneddoto, un momento esilarante, avvenuto nel corso delle tue tante jam-session, registrazioni in studio, o master-class, di cui ricordi con particolare intensità? 

FC: Recentemente ho avuto il privilegio di accompagnare Luigi Viva durante alcune presentazioni del suo ultimo libro Falegname di parole – la vita e le canzoni di Fabrizio De Andrè. Uno degli appuntamenti è stato allestito in carcere, a Novara: mi ha estremamente colpito come il messaggio delle canzoni di De Andrè e la musica abbia avvicinato diverse persone cittadinanza del carcere a pensare e ripensare la propria condizione e come migliorarla ripensando probabilmente ai motivi della propria reclusione. Aver toccato con mano quale potere enorme ha la musica è stato incredibile. Sarò sempre grato a Luigi per questa esperienza 

JIF: La domanda che mai nessuno ti ha posto ma desideri ricevere? 

FC: Vorrei ringraziarti per l’intervista e la tua disponibilità

Ringraziamo Filippo per l’intervista e la disponibilità, ma lo ringraziamo anche per la sua attività di creatore musicale che condivide con tutti noi.

Potete acquistare la musica di Filippo Cosentino su tutti gli store digitali e nei migliori negozi di dischi.

Commenta