RADICI – Il nuovo album di Antonino De Luca

Abbiamo incontrato Antonino De Luca, giovane fisarmonicista di origini siciliane che ha dato prova di talento nel suo ultimo disco “Radici” edito dell’etichetta Barvin Jazz.

Ho sentito il bisogno di provare a dare una risposta alla domanda “perché non suoni ciò che sei?”,e per poterlo fare, mi sono semplicemente rivolto indietro, a riscoprire quelle pagine che hanno accompagnato i miei primi passi da musicista.

Antonino De Luca
Antonino e la sua fisarmonica
Perché la fisarmonica? Qual è il legame con questo strumento?

È una domanda facilissima, perché mio padre è stato il mio primo insegnante.
Anche se, devo ammettere, all’inizio quando ha cercato di darmi lezioni, avrò avuto circa sei anni, non ne ho voluto proprio sapere!

Poi ho cominciato a prendere lezioni una volta al mese a Spoleto dal maestro Renzo Tomassetti, che è stato l’insegnante di grandi fisarmonicisti come Luciano Biondini. Lui mi ha preparato per entrare al conservatorio dove ho poi conseguito la mia prima laurea.

Ho studiato, poi, con Alessandro Mugnoz ed adesso con Riccardo Centazzo, con cui sto per prendere la seconda laurea al conservatorio di Fermo. Perché la fisarmonica? È stato un virus trasmesso da mio padre!

Tra l’altro ho avuto la possibilità di studiare con un fisarmonicista molto importante del calibro di Frank Marocco.

L’occasione nasce in modo fortuito, e De Luca ci racconta la sua avventura con Marocco:

C’era da sostituire Frank in dei concerti, quando mi ha chiamato la Victoria Accordion, la casa che costruisce le fisarmoniche che usiamo sia io che Marocco, pensavo fosse uno scherzo! Non lo era, e qui è cominciata la mia avventura. Marocco per ringraziarmi di questa sostituzione, cominciò a darmi lezioni. Per ringraziarlo, mio padre ed io organizzammo l’unico concerto che Marocco tenne in Sicilia.

La mia esperienza con lui, ha sicuramente segnato la mia formazione, cerco di avere delle cose che appartengono sia a Marocco che a Richard Galliano, come anche a Luciano Biondini e Simone Zanchini e Vince Abbracciante amico fraterno e fonte di ispirazione.

Secondo te è uno strumento desueto o il panorama musicale giovanile è in crescita?

Per me non è assolutamente uno strumento desueto, anzi, la mia “battaglia” consiste proprio nel far vedere che le possibilità della fisarmonica sono a 360 gradi.

Io comunque suono anche musica d’avanguardia, musica classica.

Basti vedere delle realtà un po’ più lontane rispetto alla nostra come quella brasiliana in cui la fisarmonica è in pianta stabile, non solo come strumento popolare ma è anche dentro le discoteche ed in assoluto è lo strumento principe che accompagna i cantautori, fino ad arrivare al jazz, quindi sempre più ragazzi cercano di farsi una nuova visione della fisarmonica.

Ogni atto creativo nasce dalla volontà di esprimere delle suggestioni, da dove nasce
“Radici”?

Sostanzialmente per caso!

In passato non avevo avuto chissà quale bisogno di portare nella mia musica le mie origini, anzi, probabilmente è sempre stata una cosa lontana da me. E più mi avvicinavo all’America e più si allontanava la mia “mediterraneità”. Così ho realizzato che le cose che suonavo da piccolo potevano essere parte integrante del mio repertorio, brani per me profondamente significativi come “Si maritau Rosa”, “Vitti Na Crozza”, “U Sceccu”. E da qui l’innovazione, la volontà di rileggerle attraverso il mio background e tutto quello che ho imparato fino ad oggi.

In alcuni brani, ho usato un meccanismo dello strumento con cui riesco a suonare la mia fisarmonica con un effetto “moderno” uscendo fuori dai soliti canoni. Come fanno sperimentatori come Simone Zanchini. Questa tecnica particolare mi ha aiutato a imitare ancora di più il verso caratteristico dell’asino, raglio che è contenuto nel brano di tradizione popolare siciliana “U Sceccu”.

Poi ho scelto delle cover un po’ più particolari come ad esempio “Sicilia Antica” grande canzone di Gianni Bella, ed un’altra reinterpretazione, “Mafia” di Domenico Modugno, estratta dalla pellicola girata da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in occasione del loro primo film, ovviamente girato nella mia bellissima Sicilia. Questo brano è stato arrangiato con un connotato dai toni funk diversamente da tutte le altre tracce del disco, e nella parte conclusiva ho voluto inserire una sezione suonata
in liscio, come la fisarmonica tradizionale ha sempre fatto.

Altro brano degno di nota è “E vui durmiti ancora”, sicilianissima serenata per eccellenza”. La scelta dei brani ha sicuramente un legame con il tuo vissuto, con la tua Sicilia. Ed i brani originali? Sono stati appositamente composti per il disco?

Sì, i brani originali sono stati pensati per il disco.

Dalla title-track a Timeless Castle, un brano dedicato ad un luogo molto particolare per De Luca, tappa immancabile durante i soggiorni siciliani. Ci racconta di un castello che in altura sovrasta le nuvole, e di That old River, dedicata effettivamente alla sua Fiumedinisi. Chiude il disco la traccia “Evviva Maria”, un perla di antica tradizione popolare. Non esistendone registrazioni edite, lo stesso De Luca è stato impegnato in prima persona nella raccolta delle testimonianze di chi sapientemente ne ricorda ancora parole e melodia:

Non esistono registrazioni di questo brano se non fatta eccezione per qualche piccolo frammento in filmati che mostrano la processione. E da quello che io ricordo di quell’esperienza, ho tirato fuori il brano per arrangiarlo e l’ho fatto suonare ai flauti Andini di Javier Girotto, che è la grande special guest di questo album.

Questi sono senza dubbio anche i tre brani di “Radici” a cui sono più legato, per ragioni diverse che spaziano dalla sperimentazione alla ricerca, all’affetto che mi lega alla Sicilia.

L’incontro con gli altri musicisti.

Ho parlato prima di Javier Girotto che è la Special guest del disco e che probabilmente rappresenta il musicista della scena jazzistica contemporanea che più seguo, che più mi ispira. La sua musica la sento veramente molto vicina alla mia.

Gli altri musicisti che hanno preso parte al disco sono i due componenti del mio trio, Emanuele Di Teodoro, un amico di vecchia data a cui sono legatissimo e Massimo Manzi che abbiamo deciso di coinvolgere nel progetto proprio perché veterano del Jazz italiano di grande talento e professionalità!

Cambieresti qualcosa?

Non cambierei sicuramente niente perché sono molto soddisfatto del lavoro, fotografa benissimo quello che io sono in questo momento, la musica che faccio in questo momento.

Probabilmente fra 2 o fra 3 anni, non so, cambierei qualcosa così come è successo per il mio primo album, riascoltandolo adesso compirei sicuramente alcune scelte diverse. Ma per quanto riguarda Radici sono molto molto soddisfatto perché, come dicevo prima, fotografa perfettamente la musica e il mio essere attuale.

Progetti futuri?

Nel cassetto ne ho tantissimi di sogni e di incontri con musicisti con i quali vorrei collaborare.
Nel prossimo futuro ho in cantiere di realizzare dei progetti discografici che riguardano le cose che più amo e che sono sicuramente la musica brasiliana di Hermeto Pascoal ed il jazz del grande pianista Michel Petrucciani. Vorrei, magari, rivisitare la loro musica come ho fatto per la musica siciliana, con la mia chiave di lettura.

Porto avanti molti altri progetti oltre il Trio con il quale ho la libertà di esprimermi attraverso le mie composizioni, faccio attualmente parte del Quartetto del grande violinista italiano Luca Ciarla con cui sto praticamente girando il mondo perché mi ha dato la possibilità in due anni di visitare e di suonare in quasi 20 paesi del mondo.

Poi c’è Roberto Gervasi, un ragazzo della mia età molto molto bravo, di Palermo, con cui condivido un piccolo progettino che si chiama Criminal Duo, proprio perché siamo entrambi fisarmonicisti. Lui suona tantissimo in America, in Francia ed in altri paesi, ed allora abbiamo deciso di fare questa cosa insieme: “la battaglia” della fisarmonica nel jazz”.

L’entusiasmo sincero di Antonino De Luca, l’amore per lo strumento, la sperimentazione coraggiosa, la ricerca. Sono tutte peculiarità che, di certo, apprezzerete già al primo ascolto di quest’album, che parla del lato più intimo dell’artista, il luogo nascosto dentro i ricordi più cari.
Vi ricordo che potete ascoltare ed acquistare RADICI in tutti gli store digitali e nei negozi di dischi!

Potete ascoltare la presentazione di Radici anche su Jazz in Family – programma radio – del 27 settembre 2018.

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