Roberto Tola: chiacchiere e note con il talentuoso jazzista

Roberto Tola è stato spesso protagonista delle nostre condivisioni di musiche e parole con voi lettori e ascoltatori. Pochi hanno ricevuto tanta attenzione da parte nostra. Tuttavia, mai finora avevamo realizzato un’intervista con l’eccellente chitarrista sardo che lo presentasse oltre le celebri sette note.

Abbiamo colto l’occasione con la pubblicazione del suo nuovo singolo, “Slow Motion”, che anticipa il suo secondo disco. Lo abbiamo raggiunto durante un suo viaggio verso gli Stati Uniti.

Chi è Roberto?

D.: Molti nostri ascoltatori hanno avuto il piacere di conoscerti come uno dei migliori musicisti che abbiamo trasmesso nelle nostre puntate. Ma chi è Roberto Tola? Sia dal punto di vista… civile che artistico.

R.: Sono nato Sassari in Sardegna, qui sono cresciuto, un pò isolato dal resto del mondo nel, senso musicale intendo. E’ da più di 30 anni che faccio musica, e tanti anni fa, quando iniziai non c’erano tutte le possibilità tecnologiche che ci sono attualmente, in primis internet, e non circolavano neanche tanti libri o spartiti validi dai quali imparare.. Io, e tanti come me a quei tempi, ci siamo fatti da soli, soprattutto ascoltando i dischi in vinile, le musicassette di altri musicisti famosi, come Wes Montgomery, Joe Pass, Jim Hall, ma anche Miles Davis, John Coltrane, Dexter Gordon, Chet Baker, Jerry Mulligan.. solo per citarni alcuni.. Perciò, tutto quello che ho acquisito musicalmente, in tanti anni, l’ho imparato da solo e con molta difficoltà.

Oggi finalmente, dal 2017 col mio debutto col mio primo album Bein’ Green ho iniziato una nuova avventura che mi vede ora a proporre la mia musica.

Tola, un chitarrista jazz

Bein' Green
La front cover dell’album di debutto: Bein’ Green

D.: Raccontaci del tuo passato musicale prima di Bein’ Green.

Ho iniziato a suonare la chitarra a 6 anni grazie a un regalo dei miei genitori. A 10 anni mi iscrissero al conservatorio di Sassari per studiare violoncello, ma continuavo a suonare la chitarra da autodidatta. Il conservatorio mi ha insegnato a leggere e solfeggiare.

Da autodidatta, ho approfondito scrittura, armonia e composizione jazzistica. Comporre musica è sempre stato parte di me. A 14-15 anni ho iniziato a studiare seriamente la chitarra. A 18 anni ho formato la mia prima band, Jazzmania, con cui sperimentavo composizioni jazz, fusion e smooth jazz.

Nel 1989, con amici del conservatorio, ho formato la Blue Note Orchestra, diventata poi l’Orchestra Jazz della Sardegna, dove ho suonato per 20 anni. Questa esperienza mi ha permesso di lavorare con grandi musicisti come Bob Mintzer, Carla Bley, Steve Swallow, Tom Harrel, Maurizio Gianmarco, Paolo Fresu, Bruno Tommaso e Giorgio Gaslini, da cui ho imparato molto.

Nel 2010 ho lasciato l’orchestra, continuando a suonare in gruppi combo e insegnando chitarra moderna e jazz in Sardegna. Nel 2014 ho collaborato con la band jazz-funk inglese Shakatak nel loro album “On The Corner” e nel 2016 con la cantante Jill Saward nel suo album “Endless Summer”.

Queste esperienze e il supporto di mia moglie Natalia mi hanno portato a realizzare il mio primo CD, “Bein’ Green”.

Le influenze musicali

D.: Siamo quello che siamo grazie alle influenze che riceviamo dalle persone e dalla società che ci circonda. Facciamo un gioco: tre dischi (non tuoi) attraverso i quali sintetizzare la tua vita come persona e come artista, e perché questi tre?

R.: Dovrei elencare decine e decine di album di artisti che mi hanno influenzato.

E’ perciò molto difficile per me individuare tre album specifici. Infatti faccio una mia personale distinzione con le influenze che mi hanno formato dal punto di vista jazzistico, e dal punto di vista più moderno, nei generi smooth jazz, fusion jazz-funky.

Dal punto di vista jazzistico credo che album come Full House e While We’re Young di Wes Montgomery, così come Joe Pass plays George Gershwin siano pietre miliari nel mio modo di intendere lo strumento oggi.

Sull’altro versante più moderno, credo George Benson con l’album “Living Inside Your Love”, e poi Yellow Jackets, Steps Ahead, Spyro Gyra, Mezzoforte, ma anche alcuni album di Al Jarreau, Grover Washington Jr.. etc etc…

So di dimenticare tanti, da una e l’altra parte.. Alla fine, le influenze sono proprio tantissime.. e non c’è un motivo particolare.. semplicemente ho adorato e adoro tanti artisti, e più o meno tutti hanno sicuramente contribuito alla mia formazione musicale.

Slow Motion, il nuovo singolo, e Colors, il nuovo album

D.: In questi giorni stai lanciando sul mercato discografico il tuo nuovo singolo Slow Motion e che abbiamo avuto l’onore di presentare tra i primi in Italia. Vuoi descriverlo a parole tue?

R.: Slow Motion è un brano composto originariamente da Celso Fonseca & Ronaldo Bastos, credo nel 2001, se non erro, al quale io sono molto legato.

Nato come una Bossa Nova classica, io ho voluto rielaborare ed arrangiare in uno stile più moderno, mantenendo lo spirito Bossa Nova, che traspare soprattutto grazie alla chitarra ritmica, la batteria e le percussioni. Su questo ho costruito delle atmosfere, a volte dissonanti, della sezione fiati, flauto e flicorno – dissonanze che però collimano perfettamente con tutto il resto dell’arrangiamento.

Il brano è arricchito dalla voce bellissima di un gran cantante come è Darryl Walker, con cui duetto durante il tema e sull’inciso, senza mai prevalere uno sull’altro. Onestamente, all’inizio avevo deciso di proporre questo brano in forma solo strumentale, poi ho cambiato idea, e ho deciso di invitare Darryl, che ha accettato immediatamente.

D.: Slow Motion è anche il singolo che anticipa il tuo prossimo album. Come mai hai pensato ad un brano, originalmente, di Celso Fonseca e Ronaldo Bastos, anziché ad una tua composizione originale?

R.: Ho voluto fare un omaggio a mia moglie, che come me è legata a questo brano per motivi sentimentali.

Inoltre volevo dimostrare a me stesso di essere in grado di arrangiare altro che non fosse farina del mio sacco, e devo dire che sono molto soddisfatto del risultato.

D.: Cosa puoi anticiparci del prossimo album?

R.: Il prossimo album, a parte Slow Motion, includerà brani di mia composizione, composti anche in giovane età, prima e durante l’esperienza orchestra su menzionata. Ci sono anche nuove composizioni sulle quali sto lavorando attualmente.

Come avvenuto nel mio album di debutto, Bein’ Green, anche nel prossimo album COLORS, avrò l’onore di ospitare diversi musicisti di assoluta fama internazionale, che non voglio svelare ora.

I colori, annunciati dal titolo, così come in un quadro, rappresentano anche nel mio nuovo progetto la commistione di diversi generi musicali, come la bossa nova, pop, jazz. Amo fondere i colori, inteso come suoni e ritmi. così da creare delle armonie e melodie piacevoli ed interessanti.

Le guest-star di Roberto

D.: Nelle tue produzioni musicali sei quasi sempre attorniato da guest star statunitensi. Perché?

R.: Lavoro con le persone con cui sto bene. Non mi costringo a guardare solo nel mio giardino solo per appartenenza territoriale. Infatti non è vero che i musicisti sono tutti statunitensi.

Nel mio precedente album hanno suonato anche due spagnoli, un ucraino, due inglesi, un canadese, un Italiano. Nel mio nuovo album ci saranno ancora questi paesi, ma anche Cuba, grazie all’arrivo di un nuovo batterista. Un album internazionale.  Tutti artisti dalla assoluta professionalità, concretezza, rapidità e indiscusso talento.

D.: I musicisti italiani. Hai pensato, per il prossimo disco, di coinvolgerne qualcuno? Con chi ti farebbe piacere suonare?

R.: Mentre ho potuto avere l’onore di ospitare assolute stelle nei miei progetti musicali, come Bob Mintzer ad esempio, non posso dire altrettanto con i musicisti di casa nostra, che invitati a collaborare, non mi hanno neanche risposto. In particolare uno, che è fra i più quotati in Italia. Sono rimasto molto deluso da questo. Ma credo che se ne sarà già pentito.

Non voglio fare il nome. Ma Tu sai già chi è.. 😀

La nascita di un brano…

D.: Il processo di nascita delle tue composizioni originali è il frutto di un lavoro di studio o trae ispirazioni da eventi unici e fortuiti?

R.: Sono sempre frutto di esperienze personali. Mai fortuiti. Ovviamente gli eventi intorno a me, possono influenzare la mia ispirazione, e non sempre è possibile comporre.

Bisogna cercare sempre quella tranquillità mentale e spirituale che mi permette di concentrarmi e pensare, osservare le cose e le persone. Bisogna alimentare i propri sentimenti per poter creare qualcosa.. A volte anche i sentimenti meno preferiti, come la tristezza, la solitudine, la malinconia possono essere la scintilla che ispira un’artista.

Occorre possedere un certo grado di sensibilità per poter raggiungere certi livelli di ispirazione, che non è sempre comune fra i musicisti. Chi la possiede, è molto fortunato.

D.: Vuoi descriverci il processo di registrazione della tua musica? Come avviene?

R.: Scrivo tutto su spartito, ogni strumento, ogni battito. Poi lo suono, registrando ogni strumento digitalmente. Questo mi permette di ascoltare ciò che ho creato. Dopo ciò, fornisco le parti ai musicisti, e si registra. Lavoro quindi in modo tradizionale, coadiuvato dalla tecnologia.

Natalìa ed i compagni di viaggio, i tuoi musicisti

D.: Al tuo fianco hai sempre una donna speciale: Natalia, tua moglie. Quanto incide nel tuo processo creativo?

R.: Senza di lei non potrei fare niente. La musica mi costringe a lunghi periodi di assenza, nei quali rimango totalmente concentrato nella musica. Se vicino non avessi una persona che capisce che questa è la mia vita, la mia passione e missione, non sarei qui a parlarne. Inoltre Natalia partecipa a tutte le produzioni, fisicamente ed economicamente.

D.: Parlaci, anche,  dei tuoi compagni di viaggio. Chi sono i musicisti ed i tecnici che, in pianta stabile o meno, collaborano con te?

R.: In parte ho risposto prima.. I musicisti con i quali suono, sono persone con le quali mi trovo bene, che mi garantisco anche una certa professionalità, concretezza e rapidità. Io sono un perfezionista, e esigo molto anche dagli altri. Se non sei puntuale, preciso, ordinato ed allo stesso tempo equilibrato, coerente e perché no, anche simpatico. allora non potrei mai lavorare con te.

Molti di loro ci ho già lavorato in passato, altri li ho conosciuti nei miei avvicendamenti negli States, altri consigliati da altri colleghi.

Il jazz nel prossimo futuro

D.: Le tue esperienze pregresse ci permettono di chiederti un opinione sul futuro del jazz mondiale. Cosa dobbiamo aspettarci?

R.: Se lo sapessi, e come facessi un terno al lotto…  Diciamo meglio che ho una speranza per il futuro del Jazz Mondiale. Ovvero, che il marketing della musica in generale riavvicini gli appassionati all’acquisto dei dischi, o di qualsiasi supporto, permetta di toccare con mano ciò che ogni musicista produce.

Ho nostalgia di quando sfogliavo e leggevo i libretti inclusi nei dischi in vinile, o nei più recenti CD. Oggi si ascolta e si acquisisce la musica da piattaforme digitali in internet, senza che chi ascolta sappia minimamente chi ha prodotto, arrangiato, masterizzato e soprattutto suonato.

Trovo tutto ciò molto deprimente.

Inoltre, acquistare la musica da tali piattaforme ha impoverito in modo considerevole tutti gli autori e musicisti, visti i compensi da fame che i creatori di tali piattaforme garantiscono agli autori e compositori.

D.: … e in Italia, quale futuro?

R.: In Italia il jazz non è molto seguito, così accade in altri paesi. Tranne qualche raro caso, rappresentato da qualche festival organizzato soprattutto nel periodo estivo, per il resto il jazz qui è poco diffuso. Sono pochissime le radio che diffondono musica jazz, come accade invece negli Stati Uniti, o in altri paesi europei come Francia, Germania ed Inghilterra. Qui in Italia solo poche radio propongono assiduamente tale genere musicale, e spesso sono radio indipendenti, con limitata diffusione sul territorio nazionale, se non solo a livello locale.

Non siamo ancora abituati alle radio globali, o web radio, sparse in tutto il mondo, anche per via della scarsa propensione degli italiani con le lingue straniere.

Un aneddoto…

D.: I tuoi tanti incontri con i tanti musicisti famosi hanno certamente prodotto anche degli aneddoti che puoi rendere pubblici. Qual è il primo che ti viene in mente?

R.: Certo, ricordo una sera, dopo un concerto con Bob Mintzer in Italia, andammo a cena nella mia casa al mare. Una cena informale. Il trombonista alla griglia, il bassista ai fornelli, altri della band impegnati ad apparecchiare. Alla fine, prendo la chitarra ed inizio a suonare arrangiamenti di canzoni italiane in forma jazzistica.. Bob Mintzer però era più interessato ad ascoltare qualcosa di locale.. Così ci ritrovammo anche a cantare canzoni popolari, in dialetto sassarese e lingua sarda.. Conoscendo bene l’inglese, a volte traducevo i testi, che essendo sempre buffi e simpatici, sarcastici come nella vera tradizione della mia città Sassari, ne rimase molto estasiato, divertendosi parecchio.

Quando dopo anni lo ricontattato per registrare nel mio album Bein’ Green, si è ricordato di quella cena e serata. Mi ha fatto molto piacere.

La sua terra: la Sardegna

D.: Con la tua musica cogli sempre l’occasione di promuovere le bellezze della tua terra: la Sardegna. In Inghilterra ti avrebbero già nominato Baronetto.  Cosa pensi di questa Italia?

R.: Il mio primo album Bein’ Green è stato un successo, soprattutto all’estero, che mi fatto guadagnare ben 18 premi, vinti in diversi concorsi internazionali alcuni di assoluto prestigio. Nonostante ciò, per un certo periodo di tempo, sono stato snobbato dalla stampa, o dai media in generale. Attualmente solo la stampa e la TV sarda ne parla di tanto in tanto. Nel resto dell’Italia nessuno se ne occupa, eppure alcuni magazine, ed alcuna stampa specializzata, così come le radio più blasonate è stata informata, ma senza risultati.

Così continuo ad essere celebrato all’estero, come spesso accade anche in altri campi professionali. Poi ci lamentiamo perché molti professionisti o giovani scappano all’estero. Io sto seriamente pensando di trasferirmi definitivamente negli Stati Uniti, visto che le offerte ed il lavoro avviene quasi tutto là. Ci sto pensando. Vedremo!

Winning Awards

 D.: Concludiamo parlando dei tanti riconoscimenti che stai ricevendo per le tue composizioni. Cosa vuoi dirci di essi?

R.: Come già accennato, ho vinti tanti premi, che hanno confermato la validità del mio progetto musicale.

Ultimamente ho ricevuta la nomination agli Hollywood Music Awards, che m vedono fra i 10 finalisti della categoria jazz di questo prestigioso contest musicale. Fra i finalisti partecipano anche Randy Brecker, Alfonso Johnson, Winnie Colaiuta ed altri. Un roster di assoluto rispetto. Questo mi emoziona non poco! Stiamo parlando di stelle assolute nel jazz internazionale. Io mi presento con Bob Mintzer, non sfiguro certamente, ma senz’altro non sarà semplice.

Oltre a ciò, a metà novembre ho saputo di essere stato ammesso ed aver superato la selezione per la corsa ai Grammy Awards. Una etichetta discografica di Richmond ha presentato uno dei miei single, Lullaby of Christmas, che ora concorre a tutti gli effetti alle nominations. Non mi illudo, sono già felice dei risultati che sto ottenendo col mio lavoro. Ora penso solo al prossimo album.

La musica di Roberto Tola

Partiamo da “Slow Motion”: potete ascoltare il nuovo singolo nel nostro podcast del 15 novembre.

Tutta la musica di Roberto Tola, potete acquistarla ed ascoltarla attraverso Amazon, iTunes, Google Play, Spotify e le migliori piattaforme di streaming.

Mentre, per restare aggiornati sulle prossime novità continuate a seguirci o aggiungete ai vostri preferiti il sito robertotola.com


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